Fermo
restando che resto solidale con Terza Navigazione, pubblico un nuovo testo.
Premetto
che oltre che essere animalista sono pacifista e non giustifico niente e
nessuno. L'orrore è orrore da qualsiasi parte provenga.
Il mio
vuole essere solo un atto infromativo perché su questo pezzo di storia
parecchie persone (io per prima) hanno poche idee e quelle poche confuse.
Grazie.
@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@
"Di
fronte ad una razza inferiore e barbara come la slava, non si deve seguire la
politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone. I confini dell'Italia
devono essere il Brennero, il Nevoso e le Dinariche: io credo che si possano
sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani".
Benito
Mussolini, 1920
Premessa:
Questa redazione ha, come suo scopo principale, sempre privilegiato quello
della ricerca obiettiva della realtà dei fatti, anche quando scomoda e
dolorosa. In un momento storico in cui gli eredi del partito fascista sono al
governo del Paese, ed in cui la retorica patriottarda risuona ancor più
violenta e oscurantista del solito, riteniamo necessario ricollocare
storicamente e documentatamente la vicenda delle foibe istriane, vicenda alla
quale la destra e le sinistra amorevolmente unite hanno deciso di dedicare una
speciale giornata della memoria. Anzi, il ministro Gasparri ha voluto
sollecitare tutti i mezzi di informazione liberi ad occuparsi della vicenda. Ci
siamo occupati di questo aspetto nell’articolo “Ultime dal Minculpop”.La nostra
redazione ha partecipato ad una trasmissione radiofonica – trasmessa da
Controradio- che è servita a far luce e a chiarire la verità, appunto, di quel
tragico periodo. L’audio completo della trasmissione, cui hanno partecipato Raffaele
Palumbo, Nicola Tranfaglia, Giacomo Scotti, Marco Ottanelli, Giovanni Bellini,
Sandro Damiani è disponibile nel CD intitolato “l’impunità” in vendita tramite
il nostro sito.
Cosa
sono, le foibe? Cioè, quale episodio della storia evocano?
In
poche ed essenziali parole, sono le foibe (caverne e aperture carsiche del
terreno) il luogo in cui, a fine guerra mondiale, furono uccisi e gettati,
spesso dopo umiliazioni e tormenti, moltissimi italiani. Gli eccidi ebbero due
momenti: il primo, all’indomani dell’armistizio dell’8 settembre 1943, quando
si scatenarono vendette e rancori mai sopiti dopo 20 anni di italianizzazione
forzata; il secondo, molto più grave per numero delle vittime, nella primavera
del ’45, quando le truppe titine occuparono la Venezia Giulia, la Dalmazia,
Trieste e parte del Friuli.
Le
origini antiche di un odio feroce Sia nella Serenissima Repubblica Veneta, sia
nell’Impero Austro-Ungarico, il concetto di nazionalità era tanto sfumato
quanto poco “etnico”. È solo dopo la prima guerra mondiale, cioè quando i
nazionalismi si affermano fino a sfociare nei razzismi di Stato, che il Regno
di Italia comincia una politica di italianizzazione forzata delle “terre
irredente”. Da ogni regione, piovono funzionari e impiegati pubblici, che
sostituiscono i locali. La lingua ufficiale, anzi, obbligatoria, diventa
l’italiano, e dialetti e lingue dei popoli presenti sul territorio sono
vietati, proibiti. Se l’effetto di tale norma è assai violento nelle città
della costa, dove comunque gli “italiani” erano in maggioranza o assai
numerosi, e dove bi e trilingusmo erano la norma, è nelle zone rurali e
nell’interno che gli slavi (sloveni, croati, dalmati, cici), in gran parte
contadini poco alfabetizzati, si ritrovano ad essere stranieri in patria. Le
durissime condizioni imposte dal Regno si fanno ancora più rigide ed
intolleranti con il fascismo. Tra gli episodi da ricordare: la chiusura del
liceo classico di Pisino, dell'istituto magistrale femminile di Pisino e del
ginnasio di Volosca (1918), la chiusura delle scuole elementari slovene e
croate, e il confino di alcuni esponenti Sloveni e Croati in Sardegna e in
altre località italiane. A ciò si aggiungevano le violenze fasciste non
contrastate dalle autorità, come gli incendi delle sedi associative a Pola e a
Trieste. In Istria l'uso dello sloveno e del croato nell'amministrazione e nei
tribunali era stato limitato già durante l'occupazione (1918-1920). Nel marzo
1923 il prefetto della Venezia Giulia vietò l'uso dello sloveno e del croato
nell'amministrazione, mentre per decreto regio il loro uso nei tribunali fu
vietato il 15 ottobre 1925. Il colpo definitivo al sistema scolastico sloveno e
croato
in Istria arrivò il 1 ottobre 1923 con la riforma scolastica del ministro
Gentile. L'attività delle società e delle associazioni croate e slovene era
stata vietata già durante l'occupazione, ma poi specialmente con l'entrata in
vigore della Legge sulle associazioni (1925), Legge sulle manifestazioni
pubbliche (1926) e Legge sull'ordine pubblico (1926). Nel 1927 fu il turno del
cambiamento dei cognomi (la toponomastica era già stata italianizzata nel
1923). Così vennero italianizzati quasi tutti i cognomi sloveni e croati. Un
vero atto di brutalità verso le identità personali. (Non dobbiamo dimenticarci
che tali provvedimenti vennero presi anche a Zara e Fiume, città
“extraterritoriali” che furono annesse a forza dopo la prima guerra mondiale.)
Le
leggi razziali antiebraiche e genetiche del 1938 (che seguono le meno famose,
meno organiche, ma altrettanto famigerate leggi razziali del ’36-’37 emanate
nei confronti dei popoli di pelle nera, e altri “coloniali”) dividono ancor più
la cittadinanza in due categorie, gli “italiani puri” e gli inferiori.
Duramente colpita, in particolare, la numerosa e antica comunità ebraica di
Trieste, da sempre città cosmopolita e multiculturale.
La
seconda guerra mondiale
_______________________
La
ignobile aggressione alla Grecia obbliga i comandi italiani in difficoltà a
chiedere l’intervento della Germania, mettendo così fine alla illusione della
“guerra parallela”. Nel 1941, dopo un criminale bombardamento su Belgrado, che
viene rasa al suolo, Tedeschi, Ungheresi e Italiani invadono la Jugoslavia,
occupandola completamente in poche settimane.
All’Italia
spettano: l’intera costa dalmata, parte del Montenegro, quasi l’intera Slovenia
e la Croazia, sotto forma di protettorato.
La
Slovenia viene annessa, e diventa la provincia di Lubiana. La Croazia diventa
un regno “indipendente”, con primo ministro Ante Pavelic, un fascista feroce e
sanguinario, amico di vecchia data di Mussolini, e come Re un cugino di
Vittorio Emanuele III, Aimone di Aosta. Il partito fascista e razzista croato,
gli Ustascia, formato da fanatici religiosi (cattolici) e nazionalisti,
appoggiati dal vescovo di Zagabria e primate di Croazia Stepinac, intraprendono
fin da subito una opera di pulizia etnica nei confronti di Serbi e altre
minoranze, spesso spalleggiati dalle truppe italiane.
L’intera
Jugoslavia diventa territorio di stragi e di crudeltà. Alla fine della guerra,
sarà uno dei paesi che avrà pagato il più alto tributo di morti, da calcolarsi
in circa 1 milione e mezzo di persone su 16 milioni di abitanti (si pensi che i
caduti italiani tra civili e militari, fra battaglie e bombardamenti,
repressioni e fucilazioni, non supera le 300 mila unità su 45 milioni di
abitanti).
In
particolare, sono da attribuirsi alla responsabilità diretta delle truppe di
occupazione italiana almeno 250 mila morti, che le fonti serbe però portano ad
un totale di 300 mila.
Di
questi, i morti in combattimento sono una parte esigua, perché la stragrande
maggioranza delle vittime fu dovuta a vere e proprie stragi e repressioni, a
saccheggi e a brutalità. In particolare, è da ricordare il ruolo della II
Armata Italiana, sotto il comando del generale Roatta.
La
situazione è differenziata nei diversi territori: le peggiori e più inumane
condizioni si verificarono nella Jugoslavia meridionale, dove si aprì una vera
e propria caccia al serbo. Vere e proprie spedizioni italo-croate partivano
alla volta dei villaggi e delle cittadine serbe, dove, in un’orgia di violenze
di ogni tipo,
centinaia
di uomini, donne e bambini venivano torturati e uccisi. I villaggi jugoslavi
distrutti dagli italiani sono non meno di 250, ai quali vanno aggiunti quelli
distrutti in collaborazione con i tedeschi o con altre milizie dell’Asse. 250
Marzabotto e Sant’Anna di Stazzema in cui i colpevoli, i macellai, eravamo noi.
Gli episodi di efferatezza e di crudeltà non si contano, e le mutilazioni, gli
stupri, gli accecamenti erano all’ordine del giorno. Il comandante partigiano
cattolico Edvard Kocbek così descriveva un'offensiva sferrata dall'esercito
italiano nell'agosto del 1942: "I villaggi bruciano, i campi di grano e i
frutteti sono stati devastati dal nemico, le donne e i bambini strillano, quasi
in ogni villaggio degli ostaggi vengono passati per le armi, centinaia di
persone vengono trascinate nei campi di prigionia, i bovini muggiscono e vanno
vagando per i boschi. La cosa più sconvolgente è che questi orrori non vengono
perpetrati da un'accozzaglia di primitivi come al tempo delle invasioni turche,
ma dai gioviali soldati del civile esercito italiano, comandati da freddi
ufficiali che impugnano fruste per cani... ". Spesso i partigiani slavi, o
gli indifesi abitanti delle campagne, erano bruciati vivi (su roghi di fascine,
o chiusi nelle chiese ortodosse, che furono distrutte – in questo modo- in gran
numero). Le deportazioni della “inferiore razza serba” furono massicce, e
decine di migliaia di ex soldati o di cittadini serbi fu avviata ai campi di
sterminio tedeschi o a quello della Risiera di San Sabba, a Trieste, assieme
con ebrei ed altre minoranze.
In
Croazia, nel “regno indipendente”, l’opera delle truppe italiane fu di supporto
e affiancamento alle milizie ustascia, mentre nelle coste e isole annesse, la
repressione della II armata fu assai più pianificata e scientifica. Stessa cosa
in Slovenia, che, entrata a far parte del territorio nazionale, doveva essere
completamente assimilata.
Gli
occupanti italiani costruirono campi di concentramento che, seppur non
scientificamente predisposti allo sterminio, furono la causa di migliaia di
morti e di infinite sofferenze. Tutti conosciamo Auschwitz e Buchenwald, ma
decenni di censure ci hanno impedito di sapere che noi, italiani,
costruimmo
e gestimmo i leger di Kraljevica, Lopud, Kupari, Korica, Brac, Hvar, Rab (isola
di Arbe). Furono creati campi anche in Italia, per esempio a Gonars (Udine), a
Monigo (Treviso), a Renicci di Anghiari (Arezzo) e a Padova. Secondo stime
rapportate nel volume dell'A.N.P.P.I.A. Pericolosi nelle contingenze belliche,
i fascisti internarono quasi 30.000 sloveni e croati, uomini, donne e bambini.
In Slovenia, già dall’ottobre del 1941, il tribunale speciale pronuncia le
prime condanne a morte, il mese dopo entra in funzione il tribunale di guerra.
La lotta contro i partigiani, che diventano una realtà in continua espansione,
si sviluppa nel quadro di una strategia politico-operativa rivolta alla
colonizzazione di quei territori. Con l’intervento diretto dei comandi militari
italiani la politica della violenza si esercita nelle più svariate forme:
iniziano le esecuzioni sommarie sul posto, incendi di paesi, deportazioni di
massa, esecuzioni di ostaggi, rappresaglie sulle popolazioni a scopo
intimidatorio e punitivo, saccheggiamento dei beni, setacciamento sistematico
delle città, rastrellamenti… prende corpo il progetto di deportazione di massa,
con il trasferimento forzato degli abitanti di Lubiana, progetto che i comandi
discutono con Mussolini in un incontro a Gorizia il 31 luglio 1942 . In una
lettera spedita al Comando supremo dal generale Roatta in data 8 settembre 1942
(N. 08906), viene proposta, addirittura, la deportazione della intera
popolazione slovena.
STRALCIO
DELLE COMUNICAZIONI VERBALI FATTE DALL'ECC. ROATTA
NELLA
RIUNIONE DI FIUME DEL GIORNO 23-5-1942
"Il
DUCE è assai seccato della situazione in Slovenia perchè Lubiana è provincia
italiana. /.../
Anche
il Duce ha detto di ricordarsi che la miglior situazione si fa quando il nemico
è morto. Occorre quindi poter disporre di numerosi ostaggi e applicare la
fucilazione tutte le volte che ciò sia necessario. /.../
L'Ecc.
Roatta esprime il suo pensiero nei riguardi del sistema da usare per risolvere
la situazione in Slovenia:
1) -
Chiudere la frontiera con la provincia di Fiume e con la Croazia, specialmente
nella zona di Gorjanci. /... /
2) -
Ad oriente del vecchio confine sgombrare tutta la regione per una zona di una
profondità variabile (3-4 km.). In tale zona sarebbe interdetta qualsiasi
circolazione tranne che sulle ferrovie e sulle strade di grande comunicazione.
Apposite pattuglie in servizio di vigilanza aprirebbero senz'altro il fuoco
contro chiunque.
Il
Duce concorda nel concetto di internare molta gente - anche 20-30.000 persone.
Si può
quindi estendere il criterio di internamento a determinate categorie di
persone. Ad esempio: studenti. L'azione però deve essere fatta bene cioè con
forze che limitino le evasioni. /.../
Il C.
d'A. in base alle direttive suesposte dovrà compilare uno studio, da presentare
entro 3-4 giorni, dal quale risulti:
1) -
zone da sgomberare dalla popolazione, indicando l'entità della popolazione da
internare, suddivisa in famiglie (per categorie);
2) -
quali altri provvedimenti sono ritenuti necessari;
3) -
intenzioni operative nei vari stadi della situazione.
/.../
Ricordarsi
che tutti i provvedimenti di sgombero di gente, li dovremo fare di nostra
iniziativa senza guardare in faccia nessuno.
Solo
per quel che riguarda la piccola Slovenia, nei lager italiani morirono 13.606
sloveni e croati. Nel lager di Arbe (sull’isola di Rab) ne morirono dai 1.500
ai 2.500 circa. I civili e partigiani “fucilati sul
posto”,
cioè durante azioni belliche, furono non meno di 2.500. 1.500 invece i fucilati
civili trattenuti come ostaggi, uccisi cioè mesi dopo il loro internamento, per
stanare le bande partigiane o per vendetta contro azioni verso i nostri
militari. I morti per sevizie, torture, o bruciati vivi arrivano ad un totale
documentato di 187. Ripetiamo: questo solo nella “provincia di Lubiana”, dove
più numerose sono le documentazioni giuntaci.
S L O
V E N I !
- Al
momento dell'annessione, l'Italia vittoriosa vi ha dato condizioni estremamente
umane e favorevoli.
Dipendeva
da voi, ed unicamente da voi, di vivere in un'oasi di pace.
-
Invece molti di voi hanno impugnato le armi contro le autorità e le truppe
italiane.
-
Queste, per un alto senso di civiltà ed umanità, si sono limitate all'azione
militare, evitando misure che gravassero sul'insieme della popolazione ed
ostacolassero la normale vita economica del paese.
E'
solo quando i rivoltosi sono trascesi ad orrendi delitti contro italiani
isolati, contro vostri pacifici concittadini e persino contro donne e bambini,
che le autorità italiane sono ricorse a misure di rappresaglia ed a qualche
provvedimento restrittivo, di cui soffrite per causa dei rivoltosi
- Ora,
poichè i rivoltosi continuano la serie di delitti, e poichè una parte della
popolazione persiste nel favorire la ribellione, disponiano quanto segue:
1°) -
A partire da oggi nell'intera Provincia di Lubiana:
- sono
soppressi tutti i treni viaggiatori locali;
- è
vietato a chiunque viaggiare sui treni in transito, tranne a chi è in possesso
di passaporto per le altre provincie del regno e per l'estero;
- sono
soppresse tutte le autocorriere;
- è
vietato il movimento con qualsiasi mezzo di locomozione, fra centro abitato e
centro abitato;
- è
vietata la sosta ed il movimento, tranne che nei centri abitati, nello spazio
di un chilometro dai due lati delle linee ferroviarie. (Sarà aperto senz'altro
il fuoco sui contravventori);
- sono
soppresse tutte le comunicazioni telefoniche e postali, urbane ed interurbane.
2°) -
A partire da oggi nell'intera Provincia di Lubiana, saranno immediatamente passati
per le armi:
-
coloro che faranno comunque atti di ostilità alle autorità e truppe italiane;
-
coloro che verranno trovati in possesso di armi, munizioni ed esplosivi;
-
coloro che favoriranno comunque i rivoltosi;
-
coloro che verranno trovati in possesso di passaporti, carte di identità e
lasciapassare falsificati;
- i
maschi validi che si troveranno in qualsiasi atteggiamento - senza giustificato
motivo - nelle zone di combattimento.
3°) -
A partire da oggi nell'intera Provincia di Lubiana, saranno rasi al suolo:
- gli
edifizii da cui partiranno offese alle autorità e truppe italiane;
- gli
edifizii in cui verranno trovate armi, munizioni, esplosivi e materiali
bellici;
- le
abitazioni in cui i proprietari abbiano dato volontariamente ospitalità ai rivoltosi.
-
Sapendo che fra i rivoltosi si trovano individui che sono stati costretti a
seguirli nei boschi, ed altri che si pentono di aver abbandonato le loro case e
le loro famiglie, garantiamo salva la vita a coloro che, prima del
combattimento, si presentino alle truppe italiane e consegnino loro le armi.
- Le
popolazioni che si manterranno tranquille, e che avranno contegno corretto
rispetto alle autorità e alle truppe italiane, non avranno nulla a temere, nè
per le persone, nè per i loro beni.
gen.
Roatta, Lubiana luglio 1942 - XX
Altrettanto
duro, e crudele, è il campo di Gonas vicino Udine. Qua sono migliaia i bambini,
soprattutto croati, lasciati a morire letteralmente di fame.
(A
proposito di morte per fame, è da ricordare come una buona parte dei 100 mila
greci deceduti sotto l’occupazione italiana, morì appunto di inedia, poiché,
per mantenere i numerosissimi uomini del contingente di occupazione- al quale
sono da includere anche i famosissimi reparti di Cefalonia e di Corfù- si
procedette con una espoliazione totale delle risorse locali).
Nota
del Generale Robotti
Al
Capo di Stato Maggiore Galli,
chiarire
bene il trattamento dei sospetti, perchè mi pare che su 73 sospetti non trovar
modo di dare neppure un esempio è un po' troppo.
Cosa dicono
le norme della 3° circolare, e quelle successive ?
Conclusione
:
SI
AMMAZZA TROPPO POCO !
Dopo
l’otto settembre, ad una prima ritirata (precipitosa) delle truppe regie,
subentrano i tedeschi e i repubblichini di Salò. I partigiani slavi (ai quali,
è onesto e necessario dirlo, si sono uniti nel frattempo
anche
migliaia di soldati italiani) intensificano le loro azioni (è in questo senso
istruttivo andare alle grotte di Postumia: si noterà che la prima grande
caverna è completamente spoglia e annerita; essa infatti era un deposito di
armi nazi-fascista che fu fatto esplodere dalla resistenza). Ciò provoca azioni
sempre più feroci ed intense. Questa volta sono proprio i civili i primi
obiettivi, e riprendono le deportazioni e le stragi, stavolta dirette dalle SS.
Comandante delle SS era il triestino Odilo Globocnik, che si distinse per
crudeltà. Se la Dalmazia e la Croazia sono ormai in mano ai partigiani
jugoslavi (ricordiamo che la Jugoslavia è l’unico paese europeo che si liberò
da solo dalla occupazione nazi-fascista), è nella Venezia Giulia e nella
Slovenia che si concentrano le azioni militari.
Chiunque
si addentri nel centro montano dell’Istria, troverà il piccolo villaggio di
Vodice (Vodizza, in Italiano). Esso si trova, in linea d’aria, a non più di 20
km dal confine friulano, e si presenta ancor oggi con macerie e abitazioni
distrutte. Una lapide sul palazzo principale ricorda come, nel 1944, il paese
fu attaccato dalle camice nere e dall’esercito repubblichino. Circa 400 vecchi
donne e bambini furono massacrati. Immediatamente dopo, in una operazione
combinata, intervenne la Luftwaffe, che rase al suolo l’abitato e bombardò
anche i dintorni, per annientare gli scampati alla strage. Ciò che più
impressiona, oltre ovviamente al carico di sangue e sofferenze che ci ricorda,
è che Vodice-Vodizza, nel 1944, faceva parte della provincia di Pola, era cioè
italiana, ed italiani erano i suoi abitanti, da ben 26 anni. La loro colpa?
Quella di essere di etnia cicik, insomma, istriani non latini. Un crimine rimasto
impunito. Un crimine rimasto sconosciuto. Uno dei tanti. Uno dei troppi.
I
morti italiani
____________
Come
accennato all’inizio di questo scritto, non vogliano, ne potemmo, negare né
sottovalutare le sofferenze degli italiani (e dei giuliani, istriani e dalmati
di lingua e “etnia” italiana). Ricordando, sempre e
comunque,
che la guerra di aggressione la dichiarò Mussolini contro la Jugoslavia, e che
quindi siamo stati noi i diretti responsabili della guerra e indiretti
responsabili di ogni sua più tragica conseguenza, illustriamo quanto accadde
nei due periodi (1943 e 1945) della “vendetta slava”.
Crollato
il regime fascista, si verificò un fenomeno alquanto strano e significativo: le
“terre irredente” vennero precipitosamente abbandonate. Le autorità civili
(composte in gran parte da ferventi fascisti, quasi tutti meridionali)
fuggirono verso le loro città di origine, lasciando una terra che evidentemente
non avevano mai riconosciuta come loro, nella più totale anarchia. Le autorità
militari consegnarono alle poche centinaia di tedeschi presenti non solo
l’intera regione, ma anche migliaia di soldati e carabinieri, che furono in
gran parte uccisi, internati, deportati in Germania. Questa vera e propria
strage in conto terzi, commessa dai comandi dell’esercito e fascisti, dagli
stessi comandi che si erano macchiati dei peggiori crimini di guerra, non è
considerata da quella propaganda patriottarda che enumera martiri ed eroi, ma
che sa sempre tacere sui nomi e le responsabilità. Le recenti scuse per il
decennale silenzio sui fatti d’Istria, scuse porte da eminenti politici della
cosiddetta sinistra, non hanno avuto in contropartita le scuse di coloro che,
per vigliaccheria e incompetenza, consegnarono migliaia di giovani al lager e
alla morte.
Dunque,
settembre 1943: dopo decenni di repressione e violenze, i contadini croati e
altri elementi insorgono contro tutto ciò che è “fascismo”, purtroppo spesso
identificato con “Italia”. Come purtroppo accade sempre, quando odio attira e
crea odio, gli orrori furono tanti, quanto terribili. Il leader del partito
comunista sloveno, Kardelj, aveva dato la direttiva di "epurare non sulla
base della nazionalità ma del fascismo", ma, quasi inevitabilmente, è
l’elemento italiano che patisce le peggiori persecuzioni, anche a causa del
fatto che i posti di potere, sia economico, che terriero, che di
responsabilità, sono tutti occupati da italiani. Come illustra nei suoi lavori
Giacomo Scotti, con il quale abbiamo condotto la trasmissione radiofonica di
cui sopra, nel caos generale di quei mesi, furono
circa
250-300 i fucilati e “infoibati” dai partigiani o dal popolo in rivolta. La
stima più pessimistica, ma anche la meno verosimile, parla di 600 morti.
Paradossalmente, furono contestualmente salvati e protetti, rifocillati e
ospitati, migliaia e migliaia di soldati delle armate italiane allo sbando,
poiché le violenze si scatenarono quasi esclusivamente verso i carabinieri, i
gerarchi, le camicie nere. Ripetiamo: quasi esclusivamente. Molte furono le
vittime tra i civili, donne, vecchi. Furono passati alle armi anche fascisti
sloveni e croati (d’altronde, nella guerra partigiana di ogni parte d’Europa,
tali tristi fatti erano all’ordine del giorno), mentre ben maggiore fu il
numero di caduti tra i partigiani stessi negli scontri con l’esercito tedesco.
Il quale, come accennato, riprese presto il controllo del territorio.
Altre
vittime, ma non da ascriversi nel capitolo “Foibe”, furono fatte in Dalmazia, a
Fiume, a Zara, nelle isole. Si può parlare di un totale generale di circa 2.000
persone. La propaganda di destra ha da sempre gonfiato tali cifre, fino a farle
giungere alle decine di migliaia. E parliamo solo del 1943.
Ben
altro successe con l’occupazione titina di Trieste e della Venezia Giulia. Con
il crollo della Germania, (che, ricordiamolo, si era annesso tutto il nord-est
italiano strappandolo all’alleato di Salò), le formazioni jugoslave si
gettarono in una corsa contro il tempo verso le coste adriatiche per impedire
agli anglo-americani di prendere il controllo di quelle terre.
Giungono
a Trieste, Gorizia, Fiume tra il 1° e il 3 maggio, e, per quaranta giorni
circa, tengono sotto controllo –sotto occupazione- la fascia adriatica. In
questi terribili quaranta giorni, si scatena una violenta epurazione. La
volontà jugoslava è chiara: creare uno stato di fatto che preceda l’annessione.
Le giunte del CNL partigiane vengono disarmate, destituite, in certi casi
arrestate.
La
“jugoslavizzazione”, il tentativo cioè di annessione, è reso chiaramente da
questo dispaccio del partito comunista sloveno già nel 1944: “tenere preparato
tutto l’apparato. Dappertutto, il più
possibile,
bandiere slovene e jugoslave. Ad eccezione di Trieste, non permettere in nessun
caso manifestazioni italiane. Rinforzare l’Ozna (polizia politica, nda)”. Tutti
coloro che possono essere considerati per un motivo o per l’altro, ostili,
vengono arrestati, deportati, in parte uccisi. D'altronde, lo stesso stava
accadendo in tutte le altre regioni della neonata repubblica titina, e non era
una specifica anti-italiana. In quei giorni, dunque, si vive un clima di
terrore. A Fiume i primi ad essere eliminati sono i fautori dello Stato Libero,
coloro che negli anni a cavallo tra il 1919 e il 1925 si erano opposti alla
annessione italiana; a Gorizia sono gli esponenti partigiani ad essere indicati
come “concorrenziali” e fatti immediatamente prigionieri; ma è nella cruciale
Trieste che si raggiunge l’apice: in città operano l’esercito popolare
jugoslavo, l’Ozna, bande irregolari croate, serbe, slovene, (e anche
italiane!), elementi del Partito Comunista… ognuno di questi elementi arresta,
confisca, deporta, stupra, tortura, uccide “gli ustascia, i cetnici,gli
appartenenti alle formazioni armate al servizio del nemico, i collaboratori, le
spie, i delatori, i corrieri, tutti traditori della lotta popolare, tutti i
disertori del popolo, tutti i demolitori dell’esercito popolare”. La situazione
sfugge immediatamente di mano alle autorità militari e politiche jugoslave, che
ammettono, fin dal 6 maggio: “ci sono stati arresti e fucilazioni arbitrarie. È
necessario riprendere il controllo … l’Ozna si rifiuta di capire la situazione,
e continua in arresti di massa…dobbiamo renderci conto che tali errori ci
portano il danno maggiore” .
Le
esecuzioni si susseguono a ritmo impressionante, e i cadaveri vengono gettati
nelle foibe giuliane (la circostanza secondo la quale venivano infoibate anche
persone vive legate a cadaveri è stata smentita da testimoni oculari, quali in
parroco di Corgnale. Egli, che aveva dato l’estrema unzione ai disgraziati di
Basovizza, dichiarò, con espressione un po’ burocratica, che le vittime erano
“state fucilate in modo corretto prima di essere gettate dentro”. Ciò non
esclude che, nel clima di violenza e sadismo, episodi come quello ipotizzato si
siano verificati, anzi, quelli dei “sepolti vivi” sono stati casi crudeli e
accertati, ma, comunque, sporadici). Chi non cade fucilato sul posto o nella
mattanza carsica delle foibe, viene avviato verso inumani campi di prigionia,
in particolare quello di Borovnica,
alle
porte di Lubiana. Fame, fatica, maltrattamenti… il destino atroce di tutti gli
internati si abbatte sugli italiani d’Istria.
Le
foibe localizzate con certezza: Basovizza, Corgnale, Opicina , Scadaicina ,
Casserova, Podubbo, Semich, Drenchia, Sesana e Orle, Vifia Orizi, Obrovo,
Raspo, Brestovizza, Castelnuovo d'Istria, Cava di bauxite di Lindaro,
Vescovado, Surani, Pucicchi, Treghelizza, Cava di Bauxite di Gallignana, Vines,
Gropada, Gargaro o Podgomila, Zavni, Pinguente, Creogli , Cernovizza (più altre
fosse e cave nell’arco tra Gorizia e Fiume)
Il
bilancio
________
Anche
se le dimensioni di una tragedia non dovrebbero essere misurate solo dal numero
delle vittime, è chiaro che le cifre sono sempre di forte impatto. In questa
ottica, sul numero dei morti dei quaranta giorni di occupazione slava (Tito fu
poi indotto a ripiegare e ad abbandonare almeno la fascia costiera) e di quelli
del periodo successivo dell’immediato dopoguerra, si è scatenato un indegno
balletto. Fonti della destra e di associazioni di profughi parlano di 20-30
mila morti, ma tali numeri sono assolutamente esorbitanti. Il dibattito
triestino e giuliano, dentro e fuori dei confini nazionali, ha spesso
esasperato i calcoli, le cifre sono state, talvolta, sparate alla cieca. Gli
studiosi, ma non soltanto loro, hanno, invece, fatto un buon lavoro. Si è
arrivati a indicare cifre attorno alle quattro-cinque migliaia. Una cifra che
comprende, lo ribadiamo, non solo gli infoibati. I quali, calcolati secondo il
criterio dei corpi estratti direttamente dalle caverne, sono in effetti 570.
Cinquecentosettanta sono dunque gli ufficialmente infoibati. Molti. Ma nulla
giustifica i bilanci di fantasia, stilati nell’ordine delle decine di migliaia
solo a scopo di pura propaganda e di falsificazione
della
Storia.
I
morti degli altri
______________
Se non
esistono morti buoni e morti cattivi, non crediamo debbano esistere morti eroi
e morti da dimenticare a seconda di chi li ha uccisi. Perché la stragrande
maggioranza delle perdite italiane nella guerra derivano dai bombardamenti
angloamericani. Qua non vogliamo elencare le stragi provocate dai massicci e
spesso indiscriminati bombardamenti sui civili anche – e soprattutto- dopo la
firma dell’armistizio, perché il terreno è troppo vasto. Potremmo raccontare
dei 20 mila morti (questi sì, documentati) di una piccola città come Foggia, o
di Isernia, che perse un terzo dei suoi abitanti sotto gli attacchi aerei.
Potremmo raccontare di Napoli, Livorno, Messina, Palermo e Genova, dove i lutti
furono numerosissimi e i danni incalcolabili. O del terribile bombardamento di
Treviso. O di quelli indiscriminati che gli aeroplani anglosassoni facevano al
ritorno dalle loro missioni, sganciando il “carico in eccesso”, cioè le bombe
avanzate, su case e paesi (pratica in uso anche nella guerra alla Serbia del
1999, con lo scarico di bombe in Adriatico). Potremmo anche soffermarci su
episodi di esplicito cinismo e crudeltà, come il mitragliamento di bambini alle
giostre di Grosseto, o quello dei civili in fila per il pane nelle campagne di
Caltagirone. Ma circoscriveremo l’analisi alla sola zona geografica della quale
stiamo trattando.
Trieste
viene attaccata massicciamente, per la prima volta, nel 1944. Il bombardamento
più pesante è quello del 10 giugno, che viene effettuato come rappresaglia per
l’anniversario dell’entrata in guerra dell’Italia. Solo quel giorno, i morti
sono più di 400, migliaia i feriti. Solo nei raid del 15 luglio, del 9 - 10
settembre e del 23 ottobre 1944, si contano rispettivamente 50, 150, e 75
morti. I bombardamenti proseguono fino al maggio 1945 sia sul capoluogo, che
sulle cittadine circostanti. Molti i morti anche a Muggia.
Pola,
Istria e Fiume: anche le più piccole località furono martellate
ininterrottamente. Pola fu gravemente danneggiata, con decine e decine di
morti, fin dal 1943, ma il primo attacco massiccio è datato 8 settembre 1944.
Fiume, con porto e industrie militari, subisce distruzioni enormi e paga un
altissimo tributo in vite umane.
Ma
l’accanimento degli anglo-americani si manifesta soprattutto nei confronti di
Zara. La piccola enclave (1,5 Km quadrati) subirà infatti ben 54 bombardamenti,
che ne provocheranno la quasi distruzione. I morti saranno più di 4.000 su una
popolazione di 38mila persone.
Ma per
i revisionisti, per i professionisti della cantilena anticomunista, questi
morti – dilaniati, straziati, bruciati dagli ordigni caduti dal cielo- non
contano. Non contano come non contano gli altri, nel resto d’Italia, caduti –
dal 1943, anno dell’armistizio, in poi- esattamente come gli infoibati, anche
se la loro morte cadeva dal cielo. La teoria della “pulizia etnica” è tanto
forzosa quanto miserabile, poiché la parte politica che, con questo pretesto,
insiste da 60 anni in una violenta e brutale campagna (basta leggere alcuni
siti web ed alcune riviste di … irredentisti) è la stessa che, negli anni del
conflitto, intraprese una pianificata, scientifica, ufficiale e legale, nel
senso che fu supportata da infami leggi razziste, campagna di genocidio e di
morte nei confronti di ogni minoranza etnica, e, nelle terre conquistate, verso
anche i popoli autoctoni maggioritari. Chi ha approvato ed esaltato, forse
anche eseguito, i massacri, le deportazioni, i lager, i forni crematori, oggi
dovrebbe avere la dignità di tacere.
I
criminali di guerra
________________
Nell’immediato
dopoguerra, tutte le parti politiche italiane, con l’appoggio ed il contributo
determinante del comando anglo-americano, intrapresero una campagna, ed una
opera, di de responsabilizzazione. Gerarchi, federali, comandanti fascisti non
solo evitarono punizioni ed epurazioni, ma furono lasciati ai più alti gradi di
comando. Nessun generale, nessun comandante di armata, nessun ufficiale che si
fosse macchiato di crimini di guerra, crimini contro l’umanità, venne mai
processato o anche solo destituito. Il culmine della ipocrisia fu toccato,
contemporaneamente, da De Gasperi e da Togliatti; dal primo, quando, alla
Conferenza di Pace, illustrò meriti e onori del nostro Paese, e addirittura
denunciò le pretese territoriali jugoslave che costringevano migliaia di
profughi a scampare nella madrepatria (…l’Italia, stato aggressore, aveva perso
la guerra!); il secondo, quando, da ministro di Grazia e Giustizia, emanò una
amnistia generale che, se presentata come necessaria per pacificare il paese,
in realtà permise la liberazione e il reintegro di migliaia e migliaia di
fascisti. Mentre Germania, Polonia, Romania, Ungheria subivano mutamenti
territoriali drammatici, con trasferimenti di milioni e milioni di persone
(otto milioni soltanto i tedeschi che abbandonarono la Prussia), le clausole
del trattato di pace di Parigi venivano presentate in Italia come un affronto
alla Patria. Nessuno vuole negare né disconoscere il dramma dei 250mila
profughi istriani e dalmati, che dovettero abbandonare le loro terre (spesso
indotti a farlo dallo stesso governo italiano), ma è necessario ribadire che
quello non fu un dramma causato dalla volontà persecutrice titina e comunista,
come è stato troppe volte ripetuto, ma fu un dramma causato dalla sete di
potere e di sangue di un regime dittatoriale militarista ed espansionista, che
non aveva esitato, solo pochi anni prima, ad aggredire un altro membro della
Società delle nazioni, l’Etiopia, nel quale aveva provocato non meno di mezzo
milione di morti in soli cinque anni di occupazione.
Ma il
senso di responsabilità mancò del tutto all’italia post-bellica, e, mentre le
carceri si riempivano di ex partigiani, mentre i CNL venivano sciolti, mentre i
consigli di fabbrica venivano cancellati, tutti i prefetti, tutti i questori,
tutti i vicequestori nominati dal fascismo rimanevano saldamente sulle loro
poltrone.
Saranno gli stessi che, nel 1948, repressero con brutalità le manifestazioni
seguite all’attentato a Togliatti, e gli stessi che, una volta epurata la
polizia dai membri “sovversivi” (8.000 poliziotti definiti comunisti furono
licenziati, o trasferiti in Sardegna e in Sicilia in una inutile e sanguinosa
lotta al banditismo), provocarono gli scontri e i morti nel 1960, al tempo
dell’infausto governo Tambroni.
I
militari, in particolare, ebbero le più alte protezioni. Lo stesso Badoglio,
considerato dal governo abissino come il diretto responsabile di stragi e
bombardamento con i gas asfissianti, godeva dei favori particolari degli
inglesi. I quali inglesi negarono in modo risoluto ogni possibilità di consegna
dei criminali di guerra fascisti ai paesi richiedenti. In una Italia che vedeva
il passaggio di gerarchi nazisti da Roma, in fuga verso il sudamerica, fuga
organizzata e gestita direttamente dal Vaticano, la cosa non deve – purtroppo-
sorprendere. Lo stesso Ante Pavelic, il più sadico dei dittatori d’Europa, si
rifugiò in Vaticano per poi imbarcarsi verso l’Argentina.
Le
autorità jugoslave fornirono immediatamente la lista dei criminali di guerra,
con grande profusione di documenti. Le autorità militari inglesi, preoccupate
del pericolo comunista, trovarono fin da subito ogni scusa per rimandare
l’esecuzione degli arresti. Quando poi la sovranità tornò completamente al governo
italiano, le richieste di estradizione furono semplicemente ignorate.
Da
Belgrado era stata presentata una lista con circa 800 nomi. Essa fu via via
ristretta, fino ad arrivare al numero quasi simbolico di 40 . Ma neanche questo
indusse De Gasperi e gli alleati a ricercare la verità e la giustizia. Anzi! È
in quegli anni che si decide di occultare, nascondere, insabbiare anche ogni
inchiesta sulle stragi nazi-fasciste compiute in Italia. Sarà solo negli anni
’90 che un caparbio procuratore militare scoprirà un armadio, con le ante
chiuse e volte verso il muro, contenente i fascicoli e le prove di decine e
decine di massacri compiuti nell’Italia centro-settentrionale da tedeschi
e
repubblichini. È “l’armadio della vergogna” che Franco Giustolisi racconta con
profusione di particolari nel suo libro omonimo.
Mentre
in Germania si celebrano i processi di Norimberga (il più famoso, quello ai
grandi gerarchi, provocò la condanna a morte di tutti i più alti esponenti del
terzo Reich, ed altri ne seguirono contro funzionari minori, contro generali,
medici, funzionari, magistrati e industriali corresponsabili delle barbarie
naziste), in Italia le responsabilità della guerra e delle sue atrocità vennero
semplicemente ignorate, ovattate, nascoste, poi, negate.
L’unico
grande gerarca condannato (ma soltanto per il suo ruolo nella Repubblica di
Salò, non per i crimini contro i popoli stranieri) fu il Maresciallo Rodolfo
Graziani. Graziani fu processato da un tribunale militare e condannato il 2
Maggio 1950 a 19 anni di carcere, di cui 13 condonati, per la sua attività
legata alla RSI. La pena da scontare di un anno e otto mesi fu ulteriormente
ridotta a quattro mesi per la richiesta della difesa, subito accolta, di far
iniziare la decorrenza della carcerazione preventiva al 1945. Pertanto, quattro
mesi dopo la sentenza, il 29 agosto, Graziani tornò in libertà lasciando
l'ospedale militare dove aveva trascorso gran parte della durata del processo.
Nel marzo 1953 divenne presidente onorario del MSI. Morì nel 1955 per collasso
cardiaco.
totale
di 1992 italiani accusati di aver commesso crimini di guerra, da nazioni
belligeranti o che avevano subito l'occupazione militare durante il conflitto
mondiale. Non viene tenuto conto delle azioni svolte dai militari italiani in
Africa (Libia, Eritrea, Etiopia e Somalia)
Paesi
richiedenti
Inclusi
nella lista della Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra
Richiesti
al Ministero degli Affari Esteri con Note Verbali dai singoli paesi
Jugoslavia
729
45
Grecia
111
74
Francia
9
34
Alleati
833
Circa
600 casi sono già sottoposti a giudizio da parte dei Tribunali Alleati
URSS
12
-
Albania
3
142
La
lista dei nomi completa è disponibile presso molti archivi ufficiali. Tra gli
incriminati, ricordiamo in particolare il Gen. Mario Roatta, capo del corpo di
spedizione italiano in Spagna e comandante della citata II Armata in Croazia;
il comandante dell’XI corpo d’armata Gen. Mario Robotti, il grande deportatore
di Lubiana, il Gen. Taddeo Orlando, comandante dei Granatieri di Sardegna, poi
sottosegretario nel governo Badoglio, e poi comandante dell’arma dei
carabinieri nel dopoguerra! Il Gen. Paolo Berardi, capo di stato maggiore del
Regio esercito dopo l’armistizio, il Gen. Gastone Gambara, comandante a Lubiana
e della piazza di Fiume…
E poi
altri generali, e colonnelli, e ufficiali, e sottufficiali, soldati,
funzionari, comandanti dei campi di concentramento… nessuno di loro dovrà
rispondere mai delle proprie azioni.
Anzi,
spesso li rivedremo nella storia della Repubblica occupare incarichi e uffici
delicatissimi.
È da
notare che Mario Roatta fu, in effetti, processato e condannato all’ergastolo,
ma per un altro reato: l’assassinio dei fratelli Rosselli. Il 4 maggio 1945,
evade, fugge con la complicità dei carabinieri (al cui comando in quel periodo
e' proprio Taddeo Orlando). Immediata fu la reazione popolare, e durante le
manifestazioni ci furono due morti. Il giorno successivo Taddeo Orlando fu
sostituito. Roatta si era rifugiato in Vaticano e di lì sarebbe partito con la
moglie per la Spagna franchista, da dove ritornerà, amnistiato, nel 1966. Morì
a Roma nel 1968.
1992
torturatori, massacratori, genocidi rimangono quindi impuniti. Non varrà
neanche l’offerta jugoslava di uno scambio con i responsabili delle foibe a
cambiare le cose. Una cortina di omissioni e falsità scende sull’Italia. Tutto
questo, e le responsabilità britanniche nel processo di occultamento, è
talmente noto (all’estero!) che la BBC, la televisione pubblica del Regno
Unito, ha prodotto nel 1989 “Fascist Legacy”, un documentario estremamente
approfondito sia sui crimini di guerra italiani in Africa e Balcani, sia sulla
loro impunità successiva. “Fascist Legacy” è stato trasmesso da molte
televisioni del mondo, ed è stato acquistato anche dalla RAI. Ma non è stato
mai trasmesso.